IL SENTIERO DELLA BATTAGLIA

L’arte del guerriero è un’arte antica e si fonda più che sulle necessità del conflitto e della battaglia sull’importanza di esternare le proprie potenzialità e le proprie qualità in modo da utilizzarle nei momenti cruciali della vita o al servizio del sociale. Il guerriero prima di essere colui che combatte il mondo, è secondo  la visione Vedantica del sistema Varnashrama Dharma colui che protegge la vita. Quindi primo impegno del guerriero è salvaguardare la vita di se stesso, del singolo e dell’insieme mantenendo sempre in armonia il sensibile equilibrio naturale. Per tale scopo i guerrieri erano assoggettati ad un apprendistato che li rendeva elementi sensibili ed essenziali del tessuto sociale capaci di percepire ogni minima variazione dell’equilibrio vitale in modo da intervenire repentinamente per ristabilirne lo stato secondo le nuove modalità manifestatesi. La disciplina promuoveva quindi un individuo capace di autosostenersi, sensibile, emotivamente equilibrato e totalmente aperto a tutte le possibili soluzioni. Da queste basi nascono poi le antiche e moderne società di supporto sociale come il cavalierato. Gli antichi cavalieri in occidente, i samurai o guerrieri in oriente,come si sa, erano emblema di integrità morale e di espressione delle qualità più alte dell’essere. La loro vita manifestava ovunque il frutto dell’unione di pensieri, emozioni, azione e purezza e nobiltà d’animo(vedesi i nobili cavalieri della tavola rotonda). Nell’antichità gli eroi e i guerrieri rappresentavano il punto massimo della maturazione dell’essere, un “uomo Reale” le cui gesta venivano ricordate e lodate(vedi le epopee degli eroi orientali, i miti eroici dell’antica Grecia). Ovunque il termine eroe era in stretta connessione con l’idea di un uomo che aveva portato al culmine tutte le potenzialità del suo essere fino ad accedere al sentiero degli dei. La vera lotta dell’eroe si svolge all’interno di se stesso, il vero territorio di battaglia è il proprio mondo interno. I mostri e i nemici che affronta sono i mostri e i nemici che albergano in lui. Ancora una volta la vita diventa simbolo e ciò che è esterno diventa riferimento di ciò che è interno in una continua trasposizione alchemica in cui uccidere il mostro o il nemico corrispondeva a superare dei propri limiti e liberare la principessa di turno era il liberare le potenzialità bloccate del proprio essere. Il guerriero, l’eroe, il cavaliere doveva assoggettare tutte le parti del suo essere affinché potesse servirsi pienamente di se stesso e per far ciò l’elemento basilare di partenza era una corretta ed adeguata disciplina corporea. Primo elemento essenziale era conoscere il proprio corpo (la sua macchina di battaglia) comprendere i propri punti deboli e i propri punti forti, conoscerne cioè  le dinamiche, i segreti, i meccanismi. Potenziare il corpo valeva a dire costruire la propria armatura ( khavacha); imparare a governare i propri moti emotivi significava imparare a domare il proprio destriero; dirigere la propria emozione indicava l’arte del cavalcare. Acquisire l’arte della battaglia ovvero utilizzo delle armi rappresentava il conoscere le proprie armi interiori: il pensiero-la spada, la volontà-lo scudo, la determinazione-l’arco. Il servirsi adeguatamente di queste armi poteva rendere il guerriero invincibile. Basti ricordare la clava di Ercole, l’arco di Ulisse o di Arjuna, Excalibur di Re Artù, la durlindana di Carlo Magno ecc…. Essere guerrieri implica crescere in conoscenza ed esperienza affrontando i pericoli della battaglia seguendo il proprio sentiero con animo impeccabile manifestando il proprio potere e la propria conoscenza e solo quando tutti i mostri generati dall’ignoranza e dalla paura sono stati sconfitti e la dolce principessa /coscienza liberata solo allora l’uomo può aspirare al regno conquistato ed essere riconosciuto come eroe  e RE , cioè l’uomo che ha il diritto di varcare le soglie del mondo degli dei e partecipare dell’eternità.

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